Sei nella sezione: Uso nell'obesità
L'obesità spesso è vista come il risultato di una mancanza di volontà, di debolezza oppure della scelta di mangiare in eccesso e di essere pigri [1].
Questa visione dell'individuo obeso che Crandall definisce "ideologia della colpa"[2], fa si che le persone obese siano oggetto di gravi discriminazioni sociali in modi che le persone con patologie croniche apparentemente simili, come l'ipertensione, dislipidemia e diabete, non sono [3].
L'atteggiamento colpevolizzante viene spesso giustificato dalla convinzione che stigmatizzare l'eccesso di peso possa motivare le persone ad adottare comportamenti più sani.
In una recente pubblicazione, Puhl e Heuer sostengono, invece, che ciò non sia strumento utile per ridurre l'obesità. Piuttosto, la stigmatizzazione degli individui obesi minaccia la salute, genera disparità sanitarie, e interferisce con gli sforzi di intervento efficace dell'obesità [4].
Purtroppo, la colpevolizzazione dell'individuo obeso è un atteggiamento tenuto anche da molti operatori sanitari che hanno, secondo Friedman, il preconcetto anacronistico che il peso possa essere controllato 'decidendo' di mangiare meno e fare più esercizio. Sempre secondo l'Autore: ... Questa nozione semplicistica è in contrasto con notevoli prove scientifiche che mostrano un preciso e potente sistema biologico che mantiene il peso corporeo entro un intervallo relativamente ristretto. Sforzi volontari per ridurre il peso sono ostacolati da potenti risposte biologiche di compensazione [5] (a questo proposito si veda anche la sezione di questo sito Mantenimento del peso).
La convinzione che le persone scelgono di essere obesi aumenta l'esitazione degli operatori sanitari e dei pazienti ad accettare l'uso del trattamento a lungo termine di farmaci che riducono l'appetito per gestire l'obesità [1].
Menu di sezione: